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Regazzola, Luigi, 1889 - 1950 - Persona

 

Tipologia

Persona

 

Forma autorizzata del nome

Regazzola, Luigi, 1889 - 1950  Linked Open Data: san.cat.sogP.92980

 

Altre denominazioni

Regazzola, Luigi

 

Descrizione

Luigi Regazzola, figlio di Girolamo Regazzola ed Adelaide Bordin, non ci ha lasciato molte notizie della sua giovinezza. Si sa che partecipò alla prima guerra mondiale e che al suo termine fu congedato con il grado di capitano. Si trattò certamente di un’esperienza che lasciò un profondo segno nella sua personalità. Durante il conflitto si distinse in più occasioni meritandosi la croce al merito di guerra e la medaglia al valor militare. Luigi Regazzola fece parte del battaglione alpino "Monte Berico". A guerra finita organizzò alcuni raduni e nel 1937 curò una monografia che ne narra le vicende belliche (1). Egli impersona gli ideali che accomunarono le generazioni passate attraverso l’esperienza estrema della guerra di montagna e che le accompagnarono, al termine del conflitto, in una forma di cameratismo e mitizzazione degli eventi vissuti, che culmineranno con i frequenti raduni e la posa di lapidi e monumenti. Nel primo dopoguerra sarà assunto come direttore presso la Banca San Paolo di Brescia. In precedenza aveva lavorato presso la Banca d’Italia dove aveva percorso tutte le tappe della carriera. A differenza di molti suoi compagni d’arme non fu soggiogato dalle sirene della propaganda fascista, forse proprio per la sua posizione all’interno di un istituto bancario che gli permise di vedere con chiarezza gli aspetti economici, che diversamente dai proclami, mostravano la povertà e la miseria dell’Italia. La lucidità di pensiero di Luigi Regazzola emerge dal carteggio (2) che egli tenne con il suocero Giovanni Pedrotti (1867-1938) (3). Questo carteggio evidenzia la posizione politica di entrambi nei confronti del regime fascista: Pedrotti non aderirà mai al programma anti-parlamentare di Mussolini, ma si orienterà ad un utilizzo strumentale del fascismo, inteso come mezzo in grado di riportare l’ordine e di essere ricondotto successivamente nell’alveo della democrazia, argomentazioni queste che ricalcano quelle che furono le posizioni di tutta la componente liberale italiana. Egli riconosce, senza condividerli, i caratteri indubbiamente violenti del fascismo, ma al tempo stesso ne accetta la necessità per far fronte ad una situazione sociale assai critica in procinto di evolvere verso una pericolosa "rivoluzione rossa". Possiamo ben capire quindi il Regazzola quando gli scrive: "non c’è nulla di più triste che l’udire da voi: ne abbiamo viste di peggiori sotto l’Austria"; Regazzola, infatti, sapeva molto bene, e lo afferma più volte nelle sue lettere, che Pedrotti non era certo uomo che concepisse la violenza e la sopraffazione. In questa prospettiva possiamo, pertanto, meglio comprendere i comportamenti talvolta contraddittori del Pedrotti non riconducibili alla semplice constatazione di una sua adesione od opposizione al fascismo: egli, che aveva vissuto intensamente la campagna irredentista, aveva molto a cuore le sorti dell’Alto Adige e pur criticando i metodi usati dai fascisti per recuperare all’italianità le popolazioni altoatesine condivide la marcia su Bolzano e l’occupazione della scuola "Elisabetta" (4). Era sua convinzione che il periodo attraversato dall’Italia fosse solo passeggero. Scriveva, infatti, al Regazzola nel 1924: "[…] la maggior parte di coloro che tornano dalla guerra (ad eccezione [sic] forse di una piccola élite) ha il culto della forza; tende a soluzioni di forza; ha il disprezzo dell’adatta-mento politico, della discussione serena; direi della stessa cultura […] In un ambiente simile molte cose si comprendono e bisogna anche, fino ad un certo punto, essere grati al domatore Mussolini che si è assunto l’ingrato compito di mettere a posto senza troppo sangue un serraglio di bestie feroci, lasciatoli in eredità dalla guerra. Forse nella innegabile bassezza e corgianeria di cui dan prova molti non fascisti c’è in fondo questa più o meno oscura intuizione". E più avanti: "Io credo però che ogni anno che ci allontana dalla guerra, ci porta una probabilità di più per un finale assestamento. Vede in Russia stanno assestandosi. Non ci arriveremo noi?". Molto più nette sono invece le opinioni del Regazzola che così risponde a Pedrotti: "Vede, per quanto la sua lettera chiuda con amarissime parole (non c’è nulla di più triste che l’udire da voi: ‘ne abbiamo viste di peggiori sotto l’Austria’) pure ha l’aria di ridurre la critica del regime attuale a due questioni principali di forma: il centrismo e la burocrazia. Secondo me non di forma trattasi e ben più profondo è il marcio – ‘Il fascismo ha salvato il paese dallo spettro rosso’ - io dico: il fascismo ha fatto sì che il paese segnasse il passo sulla china rivoluzionaria ma ha perpetrato - in potenza - e gravato il cosiddetto stato rivoluzionario o lo stato di preparazione rivoluzionaria...

 

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