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08 giugno 2015

Il "documento del giorno"

8 giugno 1803: a Venezia nasce Giuseppe Bertoja (Venezia, 8 giugno 1803 – ivi, 8 agosto 1873).
Fu, con Francesco Bagnara suo maestro, il maggiore degli scenografi della gloriosa scuola veneziana, del periodo romantico e degli anni immediatamente seguenti. Figlio di Valentino, violoncellista nell'orchestra del Teatro La Fenice, poi impresario di spettacoli lirici e legato perciò ai massimi operisti del tempo, il Bertoja poté rapidamente avviarsi nell'arte che gli era congeniale, apprendendone i principi dal Bagnara. Con questo lavorò a lungo, partecipando all'allestimento di quasi tutte le opere che di anno in anno venivano eseguite a Venezia. Sebbene avesse dato ancor fanciullo il disegno delle scene per l'opera di debutto di Donizetti (Enrico di Borgogna, 1818, Teatro di S. Luca) e si sapesse della sua capace e feconda collaborazione con il Bagnara, egli non poté figurare personalmente e pubblicamente, se non quando il maestro, assunto l'insegnamento nella Accademia di Belle Arti, abbandonò la scenografia in proprio. Allora cominciarono i successi del Bertoja, rinnovantisi ad ogni stagione; ed egli fu presto chiamato a lavorare anche fuori di Venezia e specialmente a Torino, per il Teatro Regio e per il Carignano, e a Trieste per il Comunale. Morì a Venezia l'8 agosto 1873.
Prendendo per data di inizio il 1818 e per quella di commiato dal teatro il 1871, anno in cui a carnevale presentò alla Fenice il ballo Camargo, la fatica del Bertoja durò circa mezzo secolo. La sua produzione comprese oltre un migliaio di scene, delle quali, morendo, lasciò al figlio Pietro, rilegati in più volumi, i bellissimi bozzetti. Da questi risultano pienamente le caratteristiche della sua personalità e l'evoluzione della sua arte, in armonia con lo sviluppo del melodramma romantico che egli fiancheggiò con pronta fantasia e rara intuizione. Le realizzazioni sceniche del Bertoja erano di irresistibile effetto dal punto di vista prospettico.
Il Bertoja fu lo scenografo di fiducia di Rossini, di Verdi, di Donizetti, di Mercadante, di Pacirti. Colorista vivace e gradevole, fu fertile di idee anche come scenotecnico; e mentre sapeva toccare i vertici dell'espressione ambientale e interpretare i momenti salienti dell'azione e della musica, si preoccupava altresì di suscitare negli spettatori, oltre alla illusione di una realtà poetica, anche il senso di una pittoresca realtà obiettiva. La sua arte si muoveva così fra gli estremi di un realismo paesistico e di un verismo storico nutrito da una esemplare conoscenza degli stili e del costume di ogni epoca e di ogni civiltà.
Allorché nel 1859, dopo Villafranca, svanito il sogno della libertà, la Società proprietaria della Fenice decise di tener chiuso in segno di lutto il teatro finché il Veneto non, fosse stato riunito all'Italia, il Bertoja lasciò la sua città e andò a lavorare in Lombardia, in Piemonte e nell'Emilia.
Fra le scenografie più ammirate e più ricordate del B. sono da segnalare quelle per i seguenti spettacoli: Iefte di P. Generali (1831, Teatro di S. Benedetto), Marin Faliero, Gemma di Vergy, Lucia di Lammermoor (1839, ibid.), I Lombardi (1844, Teatro Regio), I due Foscari (1845, Teatro di S. Gallo), Attila (1846, Teatro La Fenice), Macbeth (1847, ibid.), Stiffelio (1850, Teatro Comun. di Trieste), Gerusalemme (1854, Teatro La Fenice), Trovatore (1855, ibid.), Giovanna di Guzman (1856, ibid.), Simon Boccanegra (1857, ibid.), Otello, Faust (1864, Teatro Regio di Torino), Romeo e Giulietta di Marchetti (1865, Comunale di Trieste). Con particolare amore curò ed eseguì, in genere, le opere di Donizetti e di Verdi, come dimostrano i suoi bozzetti superstiti. Colse speciali successi con le scene che rappresentavano pittoreschi aspetti di Venezia.
 

  

Fonte

istituto centrale per gli archivi - icar

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