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10 settembre 2013

Gli archivi parrocchiali: tra storia e nuove tecnologie, Bergamo, 21 e 22 giugno 2013

Il Convegno di Archivistica ecclesiastica: “Gli Archivi parrocchiali: tra storia e nuove tecnologie”, organizzato dall’Archivio storico diocesano di Bergamo si è svolto presso il Seminario vescovile “Giovanni XXIII” (via Arena 11, Bergamo) il 21-22 giugno 2013.
Sin dall’apertura, sono emerse chiaramente le cifre caratterizzanti delle due giornate di lavoro: dinamismo e interazione.
Già la progettazione scientifica del convegno, promosso dalla Diocesi di Bergamo, ha visto affiancati l’Archivio Storico Diocesano (don Gianluca Marchetti, Veronica Vitali), il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi di Bergamo (Juanita Trezzi Schiavini), l’Archivio di Stato cittadino e la Soprintendenza Archivistica per la Lombardia (Mauro Livraga). La presenza fattiva di rappresentanza del Ministero e della CEI ha conferito una dimensione nazionale a questo incontro, che ha coinvolto anche altre istituzioni, civili e religiose. Esse hanno formalizzato il sostegno al progetto con il proprio patrocinio, evidenziato nel materiale di comunicazione dell’evento.
L’accuratezza dedicata in fase di programmazione alla costituzione di una rete di relazioni istituzionali sul tema degli archivi parrocchiali, rete aperta a nuove adesioni e apporti, si è legata in modo coerente con la modalità operativa delle due giornate.
Approfondite relazioni introduttive hanno aperto le quattro sessioni di lavoro, due per ogni giorno. Ciascuna sessione ha poi trovato sviluppo in Workshop tematici, di interazione e di confronto. L’alternanza di lezioni frontali, di ampio respiro, a laboratori, relativi a temi con prevalente carattere esperienziale, ha smentito il pregiudizio di immobilismo che talora aleggia sull’archivistica ecclesiastica, rilanciando temi e sfide di grande attualità.
Le quattro sessioni di lavoro, infatti, da un lato hanno mostrato una articolazione tradizionale, che si potrebbero sintetizzare nelle quattro azioni qualificanti l’attività dell’archivista: conoscere, conservare, descrivere, comunicare. Nel contempo, questi spunti operativi sono stati scorciati con tagli innovativi, senza il timore di affrontare - in modo franco - tematiche spinose, quali il conflitto tra la volontà di mettere a disposizione le carte per la ricerca e la tutela della riservatezza, l’esigenza di poter contare su di un personale dotato di una adeguata formazione, la gestione dell’archivio parrocchiale corrente e i new media. Il punto di partenza ineludibile di queste analisi è comunque stata la cogente consapevolezza della funzione storica ed ecclesiale degli archivi parrocchiali diffusi sul del territorio, come il titolo stesso dell’incontro ha inteso sottolineare: Archivi parrocchiali: tra storia e nuove tecnologie.
I saluti delle autorità, in apertura del convegno, hanno rimarcato due ulteriori elementi di dinamismo.
Il vescovo di Bergamo, mons. Francesco Beschi, ha accolto in clima di cordialità gli intervenuti, evidenziando la polivalenza degli archivi parrocchiali, sia come «sorgenti» della memoria delle comunità cristiane, che come luoghi in cui si esercita una grande responsabilità culturale, ecclesiale e civile da parte di chi è deputato alla loro conservazione e accessibilità. E collegandosi direttamente alle parole del presule, il sindaco di Bergamo, Franco Tentorio, ha sottolineato che anche gli archivi rientrano a pieno titolo in quel programma culturale che vede Bergamo candidata a “Capitale europea della cultura 2019”. Creare condivisione e porre in dialogo i diversi beni culturali cittadini (pur se afferenti a diverse istituzioni) è l’unica strada possibile per valorizzare la storia di questa città, così come di altri contesti. In questa prospettiva le visite culturali al Museo della Cattedrale, al centro storico cittadino e all’Archivio Storico Diocesano, offerte agli intervenuti in orario serale, non hanno semplicemente costituito una piacevole pausa dei lavori e una occasione per nuove conoscenze; ma - più profondamente - hanno esemplificato un dialogo fecondo e armonioso tra beni diversi in uno stesso territorio, per una loro fruibilità sempre più piena e consapevole.
 
E questa posizione degli archivi, non solo nascosti dietro alle quinte, ma con ruolo da protagonista sulla scena, sta raggiungendo fasce sempre più ampie della popolazione. Considerazione emersa anche nelle parole di Stefano Paleari, rettore dell’Università degli Studi di Bergamo - che ha sottolineato come il sottile fascino delle antiche carte manoscritte e originali, sia sempre più percepito dalle giovani generazioni come un grande «dono del passato» da conservare e con cui costruire il futuro. L’ampia partecipazione intergenerazionale al convegno ne è stata la prova più tangibile: volonterosi universitari alle prime esperienze d’archivio si sono confrontati con personalità di spicco dell’archivistica italiana; competenti giovani professionisti, addetti dello staff organizzativo, hanno interagito con funzionari in archivio da una vita, i quali portavano con sé una «bisaccia»[1] nutrita di esperienze da condividere.
 
 
*) Mattinata di venerdì 21 giugno: prima sessione
Mons. Stefano Russo (Ufficio Beni Culturali Ecclesiastici della CEI), con l’intervento Gli archivi ecclesiastici in Italia, ha aperto i lavori della mattinata, sottolineando il valore pastorale degli archivi ecclesiastici in specie quelli parrocchiali. Si intitola La funzione pastorale degli archivi ecclesiastici la lettera della Pontificia Commissione per i beni della Chiesa ai vescovi italiani (Città del Vaticano, 2 febbraio 1997). In essa si legge che «le fonti storiche legano la Chiesa in un ininterrotto regime di continuità. (…) All’inclemenza di tante circostanze storiche, che provvidenzialmente non hanno distrutto la memoria degli eventi nelle loro grandi linee, deve dunque contrapporsi il nostro sforzo di tutela e di valorizzazione del materiale documentario al fine di usufruirlo nell’hic et nunc della Chiesa»[2].
Oltre a obiettivi culturali, sono soprattutto queste finalità a fondare la volontà di attuare una corretta e consapevole tutela e fruizione, secondo i mezzi più idonei ai tempi attuali. La rete web, con il progetto “CEIAr” (analiticamente presentato da Stefano Russo, insieme al progetto “Anagrafe”), a cui anche la Diocesi di Bergamo aderisce, si sta progressivamente configurando come «luogo di confronto e di dialogo», mettendo in atto uno «stile di partecipazione» tra i diversi istituti culturali ecclesiastici d’Italia.
Paola Carucci (Archivio Storico della Presidenza della Repubblica) ha avviato la sua relazione, intitolata L’archivio parrocchiale in formazione: gestione, fruizione, privacy, sottolineando la diffusione degli archivi parrocchiali: se ne contano oltre 25.000, diffusi capillarmente in tutta la Nazione. Questi archivi ebbero funzioni comuni (come quella di Anagrafe); ma, nelle diocesi, soprattutto la loro specifica territorialità ha determinato caratteristiche molto diverse, già in fase di produzione. Nel contempo le vicende di trasmissioni singolari, con peculiari vicende di scarto, trasformazioni istituzionali e rimodellamenti, hanno storicamente determinato strutture proprie, non generalizzabili. Le vicende particolari di ciascun archivio determinano la ‘sfida’ che il riordinamento di ciascuno di essi impone, come approfondito nello specifico Workshop di Mauro Livraga: Aspetti metodologici del riordinamento archivistico e uso dei titolari.
La Carucci ha proseguito ricordando quanta attenzione, subito dopo l’unità d’Italia, venne rivolta sia agli archivi comunali che a quelli ecclesiastici locali. Per gli archivi dei Comuni venne prodotto un titolario come l’Astengo (1897), che determinò un indirizzo unitario per la strutturazione dell’archivio corrente. Negli archivi ecclesiastici, invece, pur essendosi susseguite a partire dalla Circolare della Segreteria di Stato ai Vescovi del 1902 disposizioni precise circa la tenuta degli archivi, continuarono a proliferare particolarità e soluzioni locali, giunte sino ai tempi attuali, determinando sistemi di tenuta sovrapposti tra archivio storico e corrente. Ancora oggi tale conservazione promiscua genera difficoltà sia nella gestione ordinaria delle carte, sia nella fruizione di quelle con rilevanza storica (di questi aspetti si è occupato don Gianluca Marchetti (Archivio Storico Diocesano di Bergamo) nel workshop Strumenti giuridico-amministrativi per gli archivi parrocchiali correnti). Quest’ultimo ha presentato la normativa canonica di riferimento e ha fornito un utile dispensa con la modulistica per la gestione dell’archivio parrocchiale in fieri.
Infine, riguardo alla privacy, Paola Carucci ha sottolineato come la legislazione preveda la segretezza perenne dell’identità della madre che non riconosca il figlio partorito: è questo l’unico caso in cui la legge si rivela rigorosissima. Infatti, per gli archivi ecclesiastici vigono, come noto, i 70 anni sia per dati sensibilissimi: relativi alla salute, alle abitudini sessuali e ai rapporti familiari delicati; sia per quelli sensibili: idee politiche, professione religiosa, attività sindacale, etnia, gruppi e minoranze. Ma al di là della stretta applicazione delle leggi e di fronte a situazioni reali che interrogano la sensibilità e il buon senso, Paola Carucci - proprio in conclusione del suo intervento - ha sottolineato «l’esigenza di individuare un punto di equilibrio tra la trasparenza del procedimento amministrativo e la tutela dei diritti dei singoli», compreso il diritto all’oblio (le criticità legate al tema di un accesso consapevole sono state ulteriormente approfondite nel Workshop di don Mario Trebeschi (Archivio Storico Diocesano di Brescia), Archivi parrocchiali: criteri per accesso e fruizione). In particolare egli ha inteso sottolineare come le questioni legate all’accessibilità siano legate soprattutto all’evoluzione, negli ultimi trent’anni, del concetto di archivio parrocchiale: non più res da custodire, ma bene culturale da valorizzare.
L’ampio intervento della Carucci ha dato il La a Rita Pezzola (Aliter sas, Morbegno) per approfondire il tema della formazione dell’archivista, nell’intervento Dove va l’Archivistica? Formazione permanente degli operatori (e dell’utenza). La relatrice ha sottolineato come le riconfigurazioni istituzionali e le differenti interpretazioni del legame potere-archivi hanno ridefinito, nei secoli, la percezione e l’uso degli archivi. Nello stesso tempo, le variegate letture del nesso archivi-storiografia, le riflessioni sul valore giuridico ed etico degli archivi, i confronti sul loro valore culturale e su quello simbolico mostrano quanto essi, per i loro significati plurimi e complessi, si prestino ad usi molteplici. Gli archivisti oggi, sempre più immersi in una prospettiva di confronto internazionale e ‘globale’, sono chiamati a recepire e a far percepire questo spessore problematico degli archivi: «l’archivista postmoderno svela le realtà contestuali più profonde» (T. Cook).
 
*) Pomeriggio di venerdì 21 giugno: seconda sessione
La sessione pomeridiana si è aperta con l’intervento di indirizzo di Maurizio Savoja (Soprintendenza Archivistica per la Lombardia): L’archivio storico: conservazione e tutela.
Il Soprintendente ha chiarito la differenza tra i concetti di conservazione e di tutela. La conservazione interessa l’integrità fisica della documentazione, la sicurezza dei locali, le cautele nella gestione, il condizionamento adeguato del materiale (…). La tutela, più specificamente, insiste sulla qualità della conservazione e della gestione. La tutela garantisce autenticità e affidabilità alle carte, determinata dall’ininterrotta custodia. La collocazione fisica entro locali identificati, le pratiche di riordinamento e le procedure certificate di gestione sono garanzie di fides per i documenti. Per questo motivo, sono fondamentali i Regolamenti che disciplinino le attività di un archivio, e particolarmente l’accessibilità alle scritture. 
Savoja ha poi rimarcato la presenza di oltre 1800 soggetti conservatori ecclesiastici nel SIUSA, ha sottolineato la proficua e fondamentale presenza di schede relative ad archivi ecclesiastici nel portale Lombardia Beni Culturali e nel SAN. Si tratta di una sinergia proficua, e da approfondire ulteriormente. In questo senso è fondamentale una «messa in comune» di dati, non solo di inventari, ma anche di censimenti e di elenchi di consistenza, che offrono la preziosa possibilità di uno sguardo d’insieme sugli archivi.
I Workshop hanno apportato conoscenze tecniche circa le modalità di conservazione ordinaria di documenti su supporti diversi e hanno fornito parametri per valutare la necessità di procedere al restauro (e per seguirne i passaggi fondamentali in modo consapevole). Chiara Perugini (restauratrice, Brescia), ha parlato di Conservazione preventiva e restauro di materiale documentario; Valeria Arena (Archivio Storico Diocesano di Bergamo) di Conservazione di materiale fotografico, la cui la fragilità intrinseca a questo materiale, impone oggi, specialmente con l’impiego della tecnologia digitale, archivisti e conservatori attenti e adeguatamente formati, in grado di mettere in pratica una gestione corretta dei fondi basata sul dialogo tra professionalità e una ponderata progettazione degli interventi. Paolo Brevi (restauratore, Bergamo) ha affrontanto l’argomento del Restauro di materiale librario, sottolineando che il restauro costituisce un momento di conoscenza e valorizzazione del patrimonio teso alla ricostruzione del contesto storico, culturale dell’epoca di cui il manufatto è testimone. Quindi Pietro Livi (Frati e Livi, Bologna) ha affrontato il tema dei Trattamenti di massa: spolveratura, asciugatura, disinfestazione. Di sfragistica si è occupata Barbara M. Scavo (Archivio Storico Diocesano, Bergamo). La relatrice ha dato utili indicazione per la conservazione dei sigilli; ma, soprattutto, ha fornito alcune linee metodologiche per una loro schedatura, presentando una ricca rassegna di immagini esemplificative relativa a pezzi conservati sul territorio nazionale e non solo (I sigilli medievali e moderni: tipologie, schedatura e conservazione).
Laddove, invece, la conservazione preventiva e la gestione ordinaria siano sopraffatte da eventi calamitosi, purtroppo ricorrenti nel territorio nazionale, si verifica la necessità di attuare strategie straordinarie per la gestione delle emergenze. La loro preventiva pianificazione consente di attuare pratiche organizzate ed efficaci, soprattutto nelle prime ore dal verificarsi dell’evento. Di questo ha parlato Paola Palermo (Biblioteca civica A. Mai, Bergamo) nel suo contributo sulla Gestione delle emergenze, trasmettendo l’esperienza, acquisita e condivisa con il gruppo di lavoro interistituzionale “Emergenza in biblioteche e archivi” promosso dalla Soprintendenza Beni Librari della Regione Lombardia.
 
*) Mattinata di sabato 22 giugno: terza sessione
Francesca Cavazzana Romanelli (Archivio Storico Patriarcale di Venezia) ha aperto la seconda giornata con un denso intervento: Archivi parrocchiali come sistema: gli strumenti informatici per la descrizione, la ricerca, il Sensus Ecclesiae.
L’esordio ha rimarcato le differenze profonde che separano un archivio parrocchiale dall’altro.
Ciascun archivio è la “messa in forma” della memoria di una Chiesa locale: essa non è solo una comunità in senso giuridico, ma è una comunità ecclesiale, ovvero sia una “comunità di comunione”, che trascende la formalizzazione giuridica dei rapporti. Inoltre le chiese locali, oltre a fare riferimento al Diritto canonico della Chiesa universale, sono costantemente in dialogo con la normativa delle Chiese diocesane (sinodi, visite pastorali…) e risentono persino della personalità dei singoli parroci. Inoltre scandiscono le tappe fondanti della vita di ciascun uomo, documentano la storia della fede, della pastorale, delle devozioni (Sensus Ecclesiae).
Tuttavia, entro questa prospettiva di peculiarità e di particolarismo così accentuato, sono necessarie e possibili delle rappresentazioni comparabili nelle loro strutture gerarchiche e nelle relazioni: la qualità dell’intervento archivistico è nel ricostruire ciò che non si vede, nell’individuare le strutture proprie di ciascun archivio e nel descriverle secondo gli standard internazionali. In tal senso, sono poi stati presentati i dati complessivi e le peculiarità descrittive degli archivi ecclesiastici e parrocchiali nei sistemi nazionali SIUSA e SAN.
I Workshop della mattinata hanno mostrato alcuni dei principali Software in uso negli archivi ecclesiastici (e non solo) per il riordinamento e la descrizione archivistica : “CEIAr” (Nadia Giacomini, Archivio Storico Diocesano di Vittorio Veneto), “Archimista” (Paola Ciandrini, Politecnico di Milano), “Arianna” (Anna Fuggi, Hyperborea di Pisa). Inoltre con Sergio Bellini (Mida Informatica, Bergamo), si è anche affrontato il tema della digitalizzazione quale progetto complesso, che richiede conoscenze molto diverse: le tipologie di scanner, i formati delle immagini, i software disponibili, la gestione del flusso di lavoro quotidiano, la politica di conservazione delle immagini nel lungo periodo, la scelta delle modalità di consultazione al pubblico e la scelta di acquistare l'attrezzatura oppure di ricorrere a un fornitore esterno.
Francesca Cavazzana ha proseguito, in merito alla necessità di creare una rete di lavoro tra gli archivisti, richiamando una indicazione di G. P. Weston, referente scientifico per i progetti dell’UBCE della CEI: “cardini della cooperazione sono l’applicazione degli standard, la correttezza delle procedure, la condivisione degli archivi di dati, e (…) la ricerca della qualità”.
L’intervento La presentazione delle NIERA, a cura di Rossella Santolamazza (Soprintendenza archivistica per l’Umbria) nell’intervento sulle Norme italiane per l’elaborazione dei record di autorità archivistici di enti, persone, famiglie: NIERA (EPF), ha condotto l’attenzione sullo standard nella sua forma attuale, mettendo in evidenza il lavoro e le caratteristiche della Commissione, che lo ha redatto e la struttura del documento che lo contiene.
E dentro la prospettiva di progettualità internazionali di riferimento, Stella Montanari (Scuola normale superiore di Pisa) ha presentato Monasterium e Matricula: alcuni progetti dell’International Center for archival research (ICARus). Essa infatti ha sottolineato la necessità di considerare il nostro patrimonio culturale parte di un più ampio sistema di carattere europeo. La realizzazione di piattaforme informatiche condivise, consente agli archivi ecclesiastici di evidenziare nuovamente la centralità della Chiesa nella creazione di un identità culturale e sociale condivisa “ante litteram” e al di là delle odierne frontiere.
 
*) Pomeriggio di sabato 22 giugno: quarta sessione
Casimira Grandi (Università degli Studi di Trento - Seminario permanente Nomi e Memorie Archivio diocesano Tridentino), ha presentato in anteprima un documentariosull’attività realizzata dal seminario permanente Nomi & Memoria (N/M), che concretizza la pluriennale collaborazione nel settore storico - demografico tra Università degli Studi di Trento (UNITN-DSRS) e Archivio Diocesano Tridentino (ADT). Questo progetto, presentato nell’intervento Per una valorizzazione delle fonti nominative ecclesiastiche: dal battesimo all’albero genetico, è stato caratterizzato da una forte trans-disciplinarietà e ha favorito un sensibile coinvolgimento di fasce sempre più ampie di popolazione locale. La relatrice ha sottolineato l’importanza dei libri parrocchiali che «radicano l'individuo all'appartenenza religiosa, sociale e territoriale» e consentono il recupero della memoria identitaria, attraverso “un nome” che diventa il legame con le origini di ciascuno.
Il Workshop di Livio Cristofolini (Provincia autonoma di Trento), Politiche culturali per gli archivi parrocchiali: linee seguite dalla Provincia Autonoma di Trento, si è posto in stretta connessione con la relazione introduttiva. Cristofolini ha presentato gli interventi della Provincia Autonoma di Trento, realizzati in collaborazione con l'Arcidiocesi di Trento che hanno portato, al 31 dicembre 2012, al riordino e all’inventariazione di 224 archivi parrocchiali su 421 censiti e dichiarati di interesse storico.
Inoltre sono stati portati a compimento, oltre al nuovo sistema informativo degli archivi storici del Trentino (AST) che ospita circa 400.000 schede inventariali e 7.000 pergamene, due progetti specifici: il primo inerente alla valorizzazione delle fonti nominative presenti nei libri canonici (presentato nel dettaglio dalla Grandi) e il secondo relativo a una banca dati dei nati tra il 1840 e il 1924 accessibile on line (particolarmente utile per gli emigrati dall’Italia).
Gli altri workshop si sono occupati soprattutto di fornire modelli interpretativi aggiornati per un approccio corretto alle fonti d’archivio. Francesca Magnoni (Università degli Studi di Milano) ha parlato di Fonti per lo studio delle istituzioni ecclesiastiche locali, Maurizio Sangalli (Università per Stranieri di Siena) di Ricerca storica e archivi parrocchiali: risultati e prospettive tra XX e XXI secolo; Annalisa Zaccarelli (Università degli Studi di Bergamo) di Didattica della storia con le fonti d’archivio per insegnanti di scuole secondarie; Paolo Mazzariol (Ateneo di Scienze, Lettere, Arti di Bergamo) di Architettura e territorio nelle fonti ecclesiastiche.
Il primo intervento, in particolare, si è collocato nell’ambito degli studi relativi alla storia delle istituzioni ecclesiastiche locali nel Trecento, in particolare vescovi e capitolo cattedrale. Quest’ultimo ha voluto sottolineare, attraverso l’analisi di alcune tipologie documentarie basso-medievali prodotte dalla chiesa secolare, come la loro puntuale analisi sia utile per comprendere gli aspetti che riguardano la vita religiosa e le strutture delle istituzioni ecclesiastiche nei paesi, nelle chiese e nelle parrocchie diffuse sul territorio diocesano.
Infine, Stefania Vitale (Università degli Studi di Torino), nel suo intervento Il canto gregoriano attraverso le fonti scritte: generi e forme musicali, ha valorizzato il patrimonio musicale conservato nelle biblioteche ecclesiastiche (in forma di codice) e negli archivi (soprattutto in forma di frammenti di pergamena reimpiegati). La relatrice ha proposto l'ascolto guidato di alcuni brani del repertorio, in parallelo alla visione di alcune testimonianze della relativa tradizione scritta. Valorizzando l'esperienza più o meno approfondita dei singoli, ha condotto all’identificazione della notazione musicale e alla tipologia del libro liturgico facendo chiarezza sulla terminologia specifica. Elementi di vitalità e di continuità sono emersi dall’approccio con questo patrimonio antichissimo di testi e musica, che rivela efficacemente quel Sensus Ecclesiae a cui poco fa si è fatto riferimento.
 
*) Dal convegno un impegno collettivo
Le quattro sessioni, nelle loro differenze d’impostazione e di temi, hanno sottolineato alcuni principi ricorrenti:
-          Parlare di archivi parrocchiali è un bisogno diffuso. È avvertita l’esigenza di fare sistema: di condividere progettualità ed esperienze, per fare bene, fuori da improvvisazioni e da interventi isolati della singola parrocchia.
-          È necessaria una sinergia tra archivi della Chiesa e Archivi della Stato, per costruire nuovi tessuti culturali, sociali, economici e per restituire dimensioni territoriali e comunitarie storicamente coerenti.
-          Una progettazione su scala ampia, oltre a consentire di fare tesoro di esperienza già compiute, permette anche di ottimizzare tempi e risorse.
-          I portali e la rete devono diventare sempre più luoghi di condivisione di esperienze di lavoro, anche provvisori. La mole imposta dal riordinamento di archivi ecclesiastici locali è tale da imporre tappe intermedie di lavoro, a cui seguano fasi di revisione e di perfezionamento, frutto anche del confronto di soluzioni diverse.
In una prospettiva conclusiva e di sintesi, sono efficaci l’invito e l’immagine proposte da Francesca Cavazzana Romanelli, che rilancia l’impegno per gli archivisti parrocchiali, «di riscoprire la dimensione storica, culturale, filologica e soprattutto teologica, del loro lavoro». Nella consapevolezza del composito panorama archivistico italiano di oggi che tende verso una «impresa archivistica collettiva entro un grande laboratorio condiviso».
 
(contributo di Rita Pezzola - Veronica Vitali)


[1] Il termine “bisaccia” richiama l’immagine proposta da Francesca Cavazzana Romanelli in relazione all’armamentario di cui l’archivista deve essere munito. Vide infra.

 

Fonte

istituto centrale per gli archivi - icar

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