17 novembre 2013
Categoria A8: 100 anni di "storie sovversive" raccontate on line
Sul portale la Città degli Archivi sono stati pubblicati più di 8.600 fascicoli - per la precisione 8.644, contrassegnati con la sigla A8 e divisi nelle sottoserie "Radiati", "Defunti" e "Defunti di recente" - relativi ad individui schedati e controllati dalla Questura di Bologna, dal 1872 al 1983, per l'appartenenza e la militanza in partiti e associazioni, l'impegno sindacale e di base, azioni e pensieri da dissidenti, presunte attività sovversive, semplici sospetti o il solo fatto di condurre esistenze marginali, da "oziosi e vagabondi".
La schede furono raccolte nel corso degli anni dal Gabinetto della Questura di Bologna e archiviate nella “Categoria A8”, quella delle “Persone pericolose per la sicurezza dello Stato”, nota anche agli addetti ai lavori come “Casellario politico provinciale” o dei “Sovversivi”. Il portale del progetto “La Città degli Archivi” rende noto che i fascicoli furono versati nel 2004 presso l’Archivio di Stato di Bologna e che dalla loro consultazione si può ricavare uno spaccato delle azioni intraprese dall'autorità di pubblica sicurezza su tutto il territorio provinciale, per controllare individui considerati socialmente pericolosi a causa della loro militanza politica o sindacale, ma anche semplicemente perché incasellati come vagabondi ed eccentrici poco raccomandabili. Storie di “attivisti, sindacalisti, anarchici, socialisti e attentatori”, ma anche di “lanternai, braccianti, ferrovieri, lavandai, insegnanti, muratori, ambulanti e disoccupati”.
Dall'Archivio di Stato spuntano cent'anni di bolognesi indesiderati: migliaia di schedati dal 1872 al 1983: il gerarca Arpinati e il sindacalista Massarenti ma anche ritratti di uomini e donne “normali” (braccianti, ferrovieri, lavandai, insegnanti, muratori, ambulanti, disoccupati) finite sotto l'occhio della Questura di Bologna.
Oltre un secolo di storia di Bologna scandagliata dallo sguardo ambiguo della polizia politica e raccontata da appunti riservati, note, schede, accertamenti, foto segnaletiche, ritagli di giornali e riviste, fonogrammi, soffiate, corrispondenze personali, bollettini di ricerche e via elencando. Grazie al progetto "Una città per archivi", promosso da Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna e dalla Fondazione Carisbo, viene condiviso online un pezzo importante di passato e memoria, interfaccia di uno dei fondi cartacei e informatici dell'Archivio di Stato. Con un clic si può consultare la sintesi della documentazione sulle "Persone pericolose per la sicurezza dello Stato" versata nel 2004 dalla Questura di piazza Galilei.
Il grosso dei fascicoli consultabili da studiosi e curiosi, una navigazione possibile anche a partire dai singoli cognomi oggetto di interesse, risale al Ventennio. "Per comprendere appieno quanto il regime fascista abbia fatto della schedatura di polizia una delle principali armi per la prevenzione e la lotta all'antagonismo politico e al dissenso sociale - sottolinea sempre il curatore dell'inventario, Salvatore Alongi - basta dare una rapida occhiata alle cifre: tra il 1923 e il 1944 le schede aperte furono 6.213, con punte massime toccate tra il '25 e il '27". Nell'aprile 1945 "cominciò la compilazione di pratiche coperte su fascisti, squadristi, collaborazionisti". In un anno ne furono mappati 150. E la polizia politica si concentrò anche sui fedelissimi del Duce prelevati nelle loro abitazioni nei giorni successivi alla Liberazione e scomparsi nel nulla, ricordati da pochi fogli scritti a macchina su veline o con inchiostri che sembrano resistere al tempo, testimonianze raccolte dalle mogli e dichiarazioni di morte presunta emesse dai tribunali. Poi l'amnistia del giugno 1946 frenò i controllori di Stato.
Dagli ultimi anni '40 si rinnova invece la vigilanza, sempre da parte della polizia politica, sulle mosse degli attivisti e dei comunisti già presenti all'interno della serie, anche dopo la ricostituzione delle istituzioni democratiche. A seguire, dalla metà degli anni '50, "fu particolarmente intensa" l'osservazione dei comunisti. Gli ultimi aggiornamenti ufficiali dei fascicoli, dichiarate incostituzionali le schedature parallele, datano 1983, due anni dopo la riforma della polizia di Stato.
Fonte
istituto centrale per gli archivi - icar
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